Una delle frasi più frequenti che sento dire alle persone che giungono alla mia attenzione per una consulenza nutrizionale è “mangio poco ma non riesco a dimagrire” o addirittura “mangio poco ma ingrasso ugualmente”.
Quali sono le problematiche alla base di questo fenomeno?
Il primo problema da analizzare riguarda la consapevolezza: molto spesso si ha la percezione di mangiare poco, anche se non è così, questo avviene non perché si voglia mentire a se stessi e agli altri ma perché il nostro cervello spesso non tiene conto di alcuni alimenti che assumiamo in maniera quasi inconsapevole, ad esempio il pezzetto di formaggio a fine pasto, oppure il cracker/la pizzetta/ il pezzetto di pane a metà mattina, la caramella o il caffè zuccherato o altre bevande zuccherate (tè, coca cola, succhi di frutta) durante il pomeriggio, lo snack dolce dopo cena.
Molto spesso ciò avviene con tutti gli alimenti che assumiamo fuori pasto, quindi quando non siamo seduti a tavola. Lo strumento più potente per evidenziare questi “extra” occulti è il diario alimentare.
Per realizzare un diario alimentare bisogna annotare tutto ciò che si mangia durante la giornata (quindi anche una briciola di pane). Mettendo nero su bianco ciò che mangiamo saremo più consapevoli e andando a rileggere il diario a fine giornata o settimana ci renderemo finalmente conto se realmente mangiamo poco come crediamo o se effettivamente ci sono degli extra che influenzano il nostro dimagrimento. Il diario alimentare può essere sia una strumento da analizzare insieme al proprio nutrizionista, che potrà dare il suo parere professionale evidenziando gli errori alimentari presenti nella routine e aiutando a porre rimedio. oppure può essere uno strumento privato da sfruttare per aumentare la propria consapevolezza alimentare. Non commettiamo l’errore di considerare il diario alimentare come uno strumento utile solo a chi sta a dieta, compilarlo periodicamente può servire a chiunque per identificare un’abitudine sbagliata sul nascere o una tendenza a mangiucchiare fuori pasto, e correggere questi comportamenti prima di creare dei danni più impegnativi da rimediare.
In altri casi il blocco del metabolismo è realmente in atto, ossia la persona in questione si trova in uno stato denominato “starvation mode”, quindi nonostante l’assunzione di pochissime calorie il soggetto non riesce a perdere peso. Questa condizione può essere determinata da diversi fattori: età, assunzione di farmaci, abuso di diete eccessivamente drastiche o sbilanciate in cui erano carenti o si abusava di determinati macronutrienti, ad esempio le diete iperproteiche sbilanciate (e non diete chetogeniche correttamente strutturate che in alcuni casi rappresentano anche uno strumento di cura per alcuni stati patologici).
Questa condizione di blocco metabolico associata ad un’attività lavorativa sedentaria che si protrae per molte ore durante la giornata e impedisce anche di seguire un programma di attività fisica, rende quasi impossibile il dimagrimento o mantenimento del proprio peso. Facciamo l’esempio di una persona che arrivi ad avere un fabbisogno energetico molto basso, magari inferiore alle 1600 kcal (anche se tengo a precisare che per ottenere il dimagrimento non dobbiamo solo considerare il mero conteggio calorico ma tantissimi altri fattori), la perdita di peso ottenuta per decurtazione calorica risulterà davvero complicata perché già tagliando soltanto 500 kcal arriveremmo ad una dieta di scarse 1000 kcal che risulterebbe insostenibile e che contribuirebbe a ridurre ulteriormente il metabolismo (fabbisogno energetico).
Cosa fare in questi casi?
In questo caso la dieta deve essere impostata ad hoc e non basta il semplice conteggio calorico, quindi non c’è calcolatore o sito on line che tenga per realizzare la propria dieta fai da tè. Una strategia adatta può essere una ciclizzazione delle calorie della dieta ossia impostare alcuni giorni con delle calorie più basse e altri giorni di recupero o refeeding. Un’altra strategia potrebbe essere una ciclizzazione dei macronutrienti, ossia giornate in cui prevarrà uno dei macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) in maniera alternata, il tutto adattato allo stile di vita e soprattutto all’attività fisica che il soggetto svolge. Il punto fondamentale è che chi si trova in questa situazione deve mettere in conto un dimagrimento che inizialmente può essere “lento” magari 300-500 g a settimana, che sarà però un dimagrimento sano, basato soprattutto sulla perdita di massa grassa (e non di liquidi e massa muscolare) e soprattutto non danneggerà ulteriormente il metabolismo. Approcci di questo genere sono indicati soprattutto se affiancati da un buon programma di allenamento, soprattutto basati sulla tonificazione muscolare e l’utilizzo di resistenze/pesi.
Un’altra strada da percorrere sarà quella del reset metabolico o reverse diet (letteralmente dieta inversa), ossia un periodo in cui mettiamo per un momento da parte il dimagrimento, ma ci concentriamo sulla “ricostruzione del metabolismo”. Questa metodica è da applicare in casi di rallentamento metabolico veramente eccessivo, bisogna riportare man mano il soggetto "bloccato" ad assumere un numero più elevato di calorie, a costo di “congelare” in una prima fase il dimagrimento, per poi passare in una fase successiva all’impostazione di una dieta dimagrante basata su un livello di calorie più “sostenibile”. L’aumento dell’intake calorico va operato maggiormente a carico dei carboidrati, che spesso sono il macronutriente che più viene tagliato se non abolito nelle diete incontrollate e sbilanciate.
L’eliminazione senza criterio dei carboidrati può portare infatti ad alterazioni ormonali, ad esempio a carico dei livelli di leptina, ormone che regola l’appetito, e ad uno stato di resistenza insulinica o intolleranza glucidica, cioè le cellule dell’organismo non rispondono più al messaggio veicolato dall’insulina, che è l’ormone prodotto dal pancreas che regola i livelli di glucosio del sangue, quindi non sapranno comportarsi correttamente in presenza di glucosio. Tutto ciò porterà l' organismo a non saper gestire correttamente un carico di carboidrati, che invece di essere utilizzati a scopo energetico, verranno stoccati soprattutto nel tessuto adiposo come riserva.
Durante la fase di reset metabolico o reverse diet in alcuni casi sarà possibile osservare un minimo aumento di peso, provocato dal recupero del turn over dei tessuti, che nel periodo di restrizione calorica precedente avevano subito una “demolizione” e adesso finalmente potranno ricostruirsi perché avranno a disposizione i substrati energetici e plastici necessari che prima scarseggiavano, quindi avremo una ricostruzione di muscoli e altri tessuti principalmente magri. Bisogna considerare questo periodo e questo lieve aumento di peso come un vero e proprio investimento per il futuro, che permetterà in un secondo momento di riprendere a perdere peso, di perderlo in maniera efficace (cioè a carico della massa grassa) e in modo duraturo e definitivo.
Queste tipologie di approcci vanno realizzati in maniera controllata, quindi dimenticate il fai da tè, esistono dei calcoli e delle valutazioni precise da fare e degli adattamenti della dieta da attuare, che solo un professionista della nutrizione potrà realizzare correttamente.
Il soggetto che quindi si trova in una situazione di blocco del metabolismo non deve far altro che affidarsi al proprio nutrizionista, avere la forza di intraprendere il percorso e portarlo a termine, liberarsi da tutte le influenze e credenze diffuse sulla dieta, dettate da metodi miracolosi che promettono perdite di peso molto elevate in tempi ristretti e soprattutto evitare di fare paragoni con diete seguite in passato, che magari sono state proprio quelle che hanno portato al blocco del metabolismo che con la reverse diet verrà ripristinato.
Riferimenti
Quali sono le problematiche alla base di questo fenomeno?
Il primo problema da analizzare riguarda la consapevolezza: molto spesso si ha la percezione di mangiare poco, anche se non è così, questo avviene non perché si voglia mentire a se stessi e agli altri ma perché il nostro cervello spesso non tiene conto di alcuni alimenti che assumiamo in maniera quasi inconsapevole, ad esempio il pezzetto di formaggio a fine pasto, oppure il cracker/la pizzetta/ il pezzetto di pane a metà mattina, la caramella o il caffè zuccherato o altre bevande zuccherate (tè, coca cola, succhi di frutta) durante il pomeriggio, lo snack dolce dopo cena.
Molto spesso ciò avviene con tutti gli alimenti che assumiamo fuori pasto, quindi quando non siamo seduti a tavola. Lo strumento più potente per evidenziare questi “extra” occulti è il diario alimentare.
Per realizzare un diario alimentare bisogna annotare tutto ciò che si mangia durante la giornata (quindi anche una briciola di pane). Mettendo nero su bianco ciò che mangiamo saremo più consapevoli e andando a rileggere il diario a fine giornata o settimana ci renderemo finalmente conto se realmente mangiamo poco come crediamo o se effettivamente ci sono degli extra che influenzano il nostro dimagrimento. Il diario alimentare può essere sia una strumento da analizzare insieme al proprio nutrizionista, che potrà dare il suo parere professionale evidenziando gli errori alimentari presenti nella routine e aiutando a porre rimedio. oppure può essere uno strumento privato da sfruttare per aumentare la propria consapevolezza alimentare. Non commettiamo l’errore di considerare il diario alimentare come uno strumento utile solo a chi sta a dieta, compilarlo periodicamente può servire a chiunque per identificare un’abitudine sbagliata sul nascere o una tendenza a mangiucchiare fuori pasto, e correggere questi comportamenti prima di creare dei danni più impegnativi da rimediare.
In altri casi il blocco del metabolismo è realmente in atto, ossia la persona in questione si trova in uno stato denominato “starvation mode”, quindi nonostante l’assunzione di pochissime calorie il soggetto non riesce a perdere peso. Questa condizione può essere determinata da diversi fattori: età, assunzione di farmaci, abuso di diete eccessivamente drastiche o sbilanciate in cui erano carenti o si abusava di determinati macronutrienti, ad esempio le diete iperproteiche sbilanciate (e non diete chetogeniche correttamente strutturate che in alcuni casi rappresentano anche uno strumento di cura per alcuni stati patologici).
Questa condizione di blocco metabolico associata ad un’attività lavorativa sedentaria che si protrae per molte ore durante la giornata e impedisce anche di seguire un programma di attività fisica, rende quasi impossibile il dimagrimento o mantenimento del proprio peso. Facciamo l’esempio di una persona che arrivi ad avere un fabbisogno energetico molto basso, magari inferiore alle 1600 kcal (anche se tengo a precisare che per ottenere il dimagrimento non dobbiamo solo considerare il mero conteggio calorico ma tantissimi altri fattori), la perdita di peso ottenuta per decurtazione calorica risulterà davvero complicata perché già tagliando soltanto 500 kcal arriveremmo ad una dieta di scarse 1000 kcal che risulterebbe insostenibile e che contribuirebbe a ridurre ulteriormente il metabolismo (fabbisogno energetico).
Cosa fare in questi casi?
In questo caso la dieta deve essere impostata ad hoc e non basta il semplice conteggio calorico, quindi non c’è calcolatore o sito on line che tenga per realizzare la propria dieta fai da tè. Una strategia adatta può essere una ciclizzazione delle calorie della dieta ossia impostare alcuni giorni con delle calorie più basse e altri giorni di recupero o refeeding. Un’altra strategia potrebbe essere una ciclizzazione dei macronutrienti, ossia giornate in cui prevarrà uno dei macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) in maniera alternata, il tutto adattato allo stile di vita e soprattutto all’attività fisica che il soggetto svolge. Il punto fondamentale è che chi si trova in questa situazione deve mettere in conto un dimagrimento che inizialmente può essere “lento” magari 300-500 g a settimana, che sarà però un dimagrimento sano, basato soprattutto sulla perdita di massa grassa (e non di liquidi e massa muscolare) e soprattutto non danneggerà ulteriormente il metabolismo. Approcci di questo genere sono indicati soprattutto se affiancati da un buon programma di allenamento, soprattutto basati sulla tonificazione muscolare e l’utilizzo di resistenze/pesi.
Un’altra strada da percorrere sarà quella del reset metabolico o reverse diet (letteralmente dieta inversa), ossia un periodo in cui mettiamo per un momento da parte il dimagrimento, ma ci concentriamo sulla “ricostruzione del metabolismo”. Questa metodica è da applicare in casi di rallentamento metabolico veramente eccessivo, bisogna riportare man mano il soggetto "bloccato" ad assumere un numero più elevato di calorie, a costo di “congelare” in una prima fase il dimagrimento, per poi passare in una fase successiva all’impostazione di una dieta dimagrante basata su un livello di calorie più “sostenibile”. L’aumento dell’intake calorico va operato maggiormente a carico dei carboidrati, che spesso sono il macronutriente che più viene tagliato se non abolito nelle diete incontrollate e sbilanciate.
L’eliminazione senza criterio dei carboidrati può portare infatti ad alterazioni ormonali, ad esempio a carico dei livelli di leptina, ormone che regola l’appetito, e ad uno stato di resistenza insulinica o intolleranza glucidica, cioè le cellule dell’organismo non rispondono più al messaggio veicolato dall’insulina, che è l’ormone prodotto dal pancreas che regola i livelli di glucosio del sangue, quindi non sapranno comportarsi correttamente in presenza di glucosio. Tutto ciò porterà l' organismo a non saper gestire correttamente un carico di carboidrati, che invece di essere utilizzati a scopo energetico, verranno stoccati soprattutto nel tessuto adiposo come riserva.
Durante la fase di reset metabolico o reverse diet in alcuni casi sarà possibile osservare un minimo aumento di peso, provocato dal recupero del turn over dei tessuti, che nel periodo di restrizione calorica precedente avevano subito una “demolizione” e adesso finalmente potranno ricostruirsi perché avranno a disposizione i substrati energetici e plastici necessari che prima scarseggiavano, quindi avremo una ricostruzione di muscoli e altri tessuti principalmente magri. Bisogna considerare questo periodo e questo lieve aumento di peso come un vero e proprio investimento per il futuro, che permetterà in un secondo momento di riprendere a perdere peso, di perderlo in maniera efficace (cioè a carico della massa grassa) e in modo duraturo e definitivo.
Queste tipologie di approcci vanno realizzati in maniera controllata, quindi dimenticate il fai da tè, esistono dei calcoli e delle valutazioni precise da fare e degli adattamenti della dieta da attuare, che solo un professionista della nutrizione potrà realizzare correttamente.
Il soggetto che quindi si trova in una situazione di blocco del metabolismo non deve far altro che affidarsi al proprio nutrizionista, avere la forza di intraprendere il percorso e portarlo a termine, liberarsi da tutte le influenze e credenze diffuse sulla dieta, dettate da metodi miracolosi che promettono perdite di peso molto elevate in tempi ristretti e soprattutto evitare di fare paragoni con diete seguite in passato, che magari sono state proprio quelle che hanno portato al blocco del metabolismo che con la reverse diet verrà ripristinato.
Riferimenti
- Rosenbaum, M., & Leibel, R. L. (2010). Adaptive thermogenesis in humans. International Journal of Obesity, 34, S47-S55.
- Ebbeling CB, Swain JF, Feldman HA, et al. (2012). Effects of Dietary Composition During Weight Loss Maintenance: A Controlled Feeding Study. JAMA : the journal of the American Medical Association, 307(24):2627-2634.
- Benton D, Young HA. (2017). Reducing Calorie Intake May Not Help You Lose Body Weight. Perspectives on Psychological Science, 12(5):703-714.